Un saluto a tutti i lettori di Outplayed.it! Dopo un periodo di inattività le notizie torneranno a scorrere da questa tastiera 😉
In tutto questo tempo però non sono rimasto con le mani in mano, ho provato per voi Clash Royale, gioco della ormai famosa Supercell, la software house dietro a Clash of Clans, e sono qui a portarvi le mie impressioni.
Perchè scrivo quella che potrebbe sembrare una recensione? Perchè lo sto facendo adesso quando il gioco è uscito da quasi un anno? Andiamo con ordine.
Bazzicando tra il canale dello youtuber e-sportivo italiano per eccellenza Pedriny (che stimo e saluto caldamente) mi imbatto in questo video su Clash Royale (link): lo youtuber lo descrive come un gioco competitivo con aspirazione e-sportiva nel quale è la skill a dominare e non la shoppata più costosa (parlando più sp  ecificatamente di alcune modalità ma ci arriveremo).
Detto fatto: vengo rapito dalle sue parole e decido di installarlo sul mio smartphone, conscio che sarebbe stata l’ esperienza competitiva alla quale mi sarei dedicato ogni giorno per un paio di settimane. Ecco perchè ne parlo ora: il competitivo fa parte della mia natura di gamer ed è capitato a fagiolo in un momento che altrimenti sarebbe stato piatto sotto questo aspetto.
Secondo punto: se questo è un gioco tendente all’e-sport perchè non stiamo parlando di news, tornei, montepremi ecc.? A che servono delle impressioni ora che il gioco è fuori da un bel po’? Qui viene la parte delicata, la parte delle riflessioni sul gioco e sul perchè è il caso (o meno) di tenerlo sott’occhio dal punto di vista competitivo.
Il mondo del gaming mobile è in grande espansione. E’ sotto gli occhi di tutti i gamer che non siano in letargo che il futuro del gaming passi (anche) attraverso i nostri smartphone e tablet: prova ne è che la nuova console Nintendo è praticamente un gaming-tablet di fascia media. Appreso questo concetto è logico aspettarsi un incremento della qualità dei giochi mobile, ora desiderati anche da un pubblico più esigente. Ma dove arrivano i giochi “normali” è lecito supporre che arrivino anche i giochi competitivi: Vainglory, ad esempio, è un moba ormai consolidato in ambito mobile che trasporta sui dispositivi tascabili le meccaniche delle controparti PC; Hearthstone ha il suo mobile client ormai da un po’ rendendo possibile giocare in mobilità al gioco di carte Blizzard.
Ciò che mancava era qualcosa che non venisse dal competitivo attuale e fosse adattato al mobile ma che fosse progettato con le meccaniche mobile ed incontrasse il competitivo. Supercell deve averlo capito prima di altri e dopo il successone di Clash of Clans sforna Clash Royale.
Quest’ultimo si presenta come un mix di moba (unità che marciano da sole per distruggere la base avversaria), gioco di carte (necessità di comporre un mazzo) ed rts (truppe da posizionare strategicamente). Una partita dura circa 5 minuti e vede due avversari intenti a distruggere la base nemica con un punteggio determinato da quante strutture sono state distrutte durante il match. I pareggi sono molto rari in quanto finito il tempo del match inizia una sudden death nella quale il primo edificio distrutto determina la sconfitta.
Fino a qui “tutto molto interessante”: la formula si sposa benissimo con il mobile e la varietà di carte e possibilità crea molti stili di gioco differenti: dal classico piazzamento di unità tankish nelle prime file con supporto posteriore di dps arrivando fino a  mazzi sciame che spawnano un numero considerevole di unità . Differenti playstyle, metagame che comprende le strategie più efficaci, una grande casa produttrice che spinge sul competitivo… Le carte in regola per l’e-sport ci sono tutte!
Ma… c’è un ma. Come il suo cuginetto Clash of Clans anche Clash Royale è un free to play che deve campare in qualche modo e qui entra in gioco l’anima “shoppona” del titolo: le carte non sono “semplici carte” ma avendo il giusto numero di doppioni e di monete d’oro è possibile potenziarle; le carte non sono tutte disponibili ma si droppano casualmente da casse che impiegano un determinato tempo per aprirsi ed abbiamo la possibilità di pagare per aprirle più velocemente. Oppure possiamo pagare per avere casse che si aprono istantaneamente, oppure possiamo pagare per avere direttamente le monete d’oro per potenziare le carte… Insomma avete capito l’andazzo. La formula delle prime vittorie facili e potenziamenti rapidi era solo il pretesto per farci scivolare nel baratro dello shopping da frustrazione in attesa che le casse migliori si sblocchino in 8 o più ore; tutte cose già viste nel suo fratello Clash of Clans.
Questo comunque non basta a rovinare il titolo: chi vi scrive è arrivato in due settimane in Arena 5 senza spendere un centesimo ma soprattutto si è divertito e si è sentito coinvolto nell’esperienza competitiva che i match sanno offrire. Nonostante avessi fatto le mie partite quotidiane per droppare le casse ed avessi quindi riempito la coda di casse sbloccabili (situazione che non mi avrebbe permesso di droppare altre casse) non ho smesso di giocare gustandomi i match in se e non la mera soddisfazione del farm-upgrade che spesso risulta essere l’unico motore trainante di titoli che presentano questo modello di business.
Nonostante la soddisfazione personale… quanto lo shopping incide sulla competitività del titolo? Insomma, è pay to win? La risposta è …gni.
La risposta è incerta in quanto nella normale ladder, a parità di skill dei giocatori, la differenza possono farla le carte: carte che l’avversario ha già sbloccato ed io no perchè non sono stato abbastanza fortunato (non posso craftarle come in Hearthstone ); o peggio ancora carte che il mio avversario possiede in versione molto più potente della mia perchè ha speso soldi reali per sbloccare più casse e più rapidamente di me trovando molti più monete e doppioni. Dire che non sia un po’ pay to win sarebbe mentire.
Sull’altra faccia della medaglia però troviamo un gioco effettivamente skill based che mi ha permesso di arrivare dove sono senza spendere un soldo: moltissime volte sono state giocate contro di me carte mai viste perchè più rare o carte più potenti ma ho comunque portato a casa la vittoria giocando meglio dell’avversario. Esiste poi una modalità chiamata torneo (alla quale devo ancora arrivare, n.d.r.) che imposta un cap ai livelli delle carte: questo ricondurrebbe ad un sistema come LoL nei quali i livelli evocatore 0-30 costituiscono a conti fatti un “tutorial molto lungo” per il gioco competitivo. D’altro canto però bisogna riportare che la ladder principale si gioca senza cap… Un po’ come se in Call of Duty giocassimo in competitivo con tutti i livelli e l’equipaggiamento che ognuno si farma nelle ore ed ore di gioco multiplayer: mancherebbero le basi uguali per tutti per una sana competizione.
Quindi? Bisogna iniziare a tenerlo d’occhio o scappare da queste meccaniche da free to play di bassa lega?
Una risposta univoca non c’è: sicuramente giocateci, il gioco è molto divertente e merita il successo che sta avendo. Dall’altra parte se non verrà tagliato il cordone ombelicale con questo sistema un po’ troppo shoppone anche per gli utenti “normali” (e non solo per le competizioni da streammare come tornei ufficiali) avremo sempre un Call of Duty con le armi da sbloccare.
Un’ultima nota, rivolta direttamente a voi utenti: volete creare un clan di questo gioco sotto il nome di Outplayed.it? Fatecelo sapere con i like ed i commenti!