Home OverWatch Rivoluzionare il merchandise esport? Per Blizzard o la va o la spacca

Rivoluzionare il merchandise esport? Per Blizzard o la va o la spacca

Partenza un po’ zoppicante quella della Overwatch League, la Blizzard la considera il suo investimento a lungo termine più importante: certo, Overwatch è il videogame esport dell’anno, premiato sia con un Golden Joystick sia ai Game Awards, ma i piccoli scandali non sono mancati di certo, con due giocatori bannati ancora prima dell’inizio del campionato per account boosting e tossicità in game.
L’abbiamo scritto più volte nel corso di questi mesi, sin da quando Blizzard ha annunciato questo progetto, che dalla Overwatch League ci aspettiamo davvero tanto. Non solo a livello di competitività e di bravura dei giocatori, in fondo lo spettacolo ormai si trova in tutti i tornei degni di tale nome, ma proprio perché è un’idea che nasce come incubatore di talenti e che vuole lanciare ufficialmente Overwatch nell’Olimpo dei giochi esport, andando ad intaccare (grosse) fette di mercato per ora appartenenti a titoli più rodati come League of Legends, Dota2 o CSGO. L’intento è sicuramente lodevole, ma nella pratica la mancanza di una visione globale della gestione delle squadre e una distribuzione disomogenea dei talenti (21 giocatori della League sono sudcoreani, là dove si era parlato di sviluppare realtà locali) ha fatto storcere un po’ di nasi.

Tuttavia, è innegabile la voglia di fare la differenza. La rivoluzione più evidente riguarda il merchandise: Blizzard sta infatti introducendo un nuovo modo di intendere le divise, gli items esclusivi e gli acquisti in-game. Cambiamenti che diventeranno pioneri, senza dubbio, di un nuovo modo di vendere (e di vedere) gli esport.


Le divise, le squadre, gli sponsor

Il primo punto da analizzare è sicuramente quello riguardante le divise. Jerseys, in inglese, create con un design che non rimanda solo alla squadra, ma direttamente alla League. Cosa c’è di strano, visto che tutte le squadre hanno già una divisa che i giocatori indossano durante i tornei ufficiali? I colori e il design, scelti dalle squadre ma approvate dalla League, sono esclusivi per questo campionato. Molte, se non tutte, le squadre partecipanti sono “figlie” di squadre già conosciute e affermate sul panorama esport. Eppure, di queste ultime sulle jerseys non vi è traccia, così come non c’è (quasi) traccia di sponsor.
Diventa importante la squadra e non il marchio. Importante il gioco e non lo sponsor, in un ambiente dove i giocatori sembrano macchine da corsa umane, pieni di adesivi e loghi sistemati strategicamente sulla divisa a favore di camera.


Skin personalizzate? Si, con i giusti coins

Secondo punto, quello forse più particolare, riguarda il merchandise online. Il sistema delle skin personalizzate di squadra è già stato testato durante la Overwatch World Cup, con effetto straordinario sull’usufruibilità della partita – una delle critiche maggiori rispetto al sistema di camera-spettatore. Non è in realtà una novità totale, già la Riot pensò a delle skin personalizzate e commemorative per ogni team vincitore della World Championship, tuttavia i giocatori non erano obbligati a utilizzarle in game e di certo la Premier League non si sarebbe messa a vendere magliette solo ai suoi vincitori.  Per Overwatch, invece, questa implementazione ha avuto talmente tanto successo che ogni squadra della Overwatch League ha il suo set di skin personalizzate con i colori del team, una per ogni eroe del gioco per un totale di 312, da usare durante le partite.

Una quantità enorme di lavoro svolta dal team che si riverserà a favore dei fans, tanto che sarà possibile acquistare le skins in questione all’interno del gioco stesso, tramite valuta dedicata. Blizzard sta addirittura pensando a dei team-packages contenenti oggetti di gioco, come audio e emote che rimandano alla squadra. Nonostante la tempesta che in questi giorni si sta abbattendo sul sistema di microtransazioni interne ai videogames, per Kaplan questo  non sembra essere un problema: utilizzare un diverso tipo di moneta, diverso da quello già presente all’interno del gioco, sarà un modo tutto nuovo per i fans di dimostrare il supporto verso la squadra del cuore.

Detto questo, la community sembra per la maggior parte in linea con questo pensiero, visto che molte squadre esport al momento stanno pensando a costruire il proprio merchandise solo nel proprio orticello. Con questo nuovo metodo invece Blizzard pare volerseli creare, i fan, allargando esponenzialmente il proprio business con due principali vantaggi: incrementare le vendite (al momento il titolo registra il +25% di profitti) e misurare l’engagement con i propri fan in una maniera unica e precisa, cosa che non sarebbe possibile senza una moneta dedicata.


Un modello di business con diversi punti deboli

La scelta di verticalizzare il merchandise, unendo merchandise offline e online, presenta quindi molti pro e anche alcuni contro. Magari la markettata della Nike magari arriverà, prima o poi: al momento, le divise in vendita e persino i biglietti per vedere le partite sono venduti a un prezzo molto basso. Subito l’impatto sui fans potrebbe essere sicuramente positivo, visto che non pagare a caro prezzo le cose invoglia indubbiamente all’acquisto, ma questo doppio filo che la Blizzard lega al franchise di Overwatch rischia di spezzarsi nel momento in cui si vorranno cercare altri investitori, che potrebbero essere poco attratti per un investimento sul lungo termine. Nonostante ciò, dalla Blizzard corrono ai ripari affermando che è solo una misura temporanea, quella di andare in controtendenza rispetto ad altre realtà economiche del mondo degli esport, solo per raccogliere dati e statistiche così da poter poi soddisfare maggiormente investitori e sponsors.

Riuscirà dunque la Blizzard, con un investimento record da 20 milioni di dollari, a fare “play of the game” e rivoluzionare il mercato esport? Non ci resta che attendere i primi dati del 2018, ma soprattutto l’inizio vero e proprio della League a Gennaio.