In questo periodo non è strano vedere torce e forconi alzate contro la compagnia statunitense. Dopo lo scivolone qualche mese fa nella fase iniziale delle proteste di Hong Kong e l’infelice uscita al Blizzcon su Diablo Immortal l’opinione pubblica è cambiata molto nei riguardi di Blizzard, che era vista come una delle poche compagnie ancora dedicate alla creazione di giochi e non al tornaconto economico.
Tutto è iniziato qualche anno fa quando Activision ha preso un ruolo più importante nella gestione della compagnia forzando tagli al personale e mettendo la propria parola anche nello sviluppo dei nuovi titoli. Questi tagli hanno costretto la compagnia a troncare il supporto ad alcuni giochi, come Heroes of the Storm, che sono stati posti in “legacy mode”; inoltre i rimanenti impiegati hanno dovuto prendere in mano il lavoro lasciato incompiuto dopo i tagli senza ricevere nessun aumento di stipendio.
Questo problema salariale è iniziato nel 2019 quando un sondaggio interno rivelò che più di metà degli impiegati erano scontenti della loro compensazione; Blizzard annunciò allora uno studio per riequilibrare le cose ma gli aumenti che seguirono furono solo del 10%, una percentuale molto più bassa di quella che gli impiegati speravano.
Tutte queste informazioni arrivano grazie ad un foglio compilato dagli impiegati per comparare il proprio salario dato che rivelare la propria compensazione è visto in malo modo negli US.
Per fare capire come Activision Blizzard predi sull’immagine romantica di lavorare per loro molti impiegati sono costretti a saltare pasti per poter continuare a lavorare con la compagnia e pagare l’affitto.
I salari nell’abito dello sviluppo dei videogiochi rimangono un problema costante e queste nuove informazioni portano sempre più vicina la creazione di un Unione da parte degli sviluppatori; questa idea ha preso piedi anche a causa dei bonus sproporzionati ricevuti dal CEO e dai manager di alto livello al confronto degli impiegati comuni.